The Fall è un film del 2006 diretto da Tarsem Singh, remake della pellicola bulgara del 1981 Yo ho ho
Trama :
Los Angeles, 1915. In un ospedale nella periferia della città è ricoverato un uomo, Roy Walker, con le gambe paralizzate a seguito di una caduta riportata sul set del primo film in cui lavorava come stuntman. Egli incontra Alessandria, una bambina rumena che si è rotta il braccio raccogliendo arance, paziente anche lei nell’ospedale. Roy la affascina con una storia su Alessandro il Grande e la invita a tornare da lui il giorno seguente per ascoltare un racconto epico. Il giorno dopo, come promesso, comincia a raccontarle le vicende di cinque personaggi: l’arciere Otta Benga (un ex schiavo africano), Luigi (un esperto italiano di esplosivi), un guerriero indiano, il naturalista inglese Charles Darwin con la sua scimmietta Wallace e il “Bandito Mascherato” (o “Rosso”), i quali vogliono tutti uccidere il malvagio governatore spagnolo Odious che, in modi diversi, ha recato loro offesa personale. Essi vengono presto affiancati da un mistico, che li aiuta a realizzare il loro intento. Alessandria, frattanto, immagina i suoi amici e le persone intorno a lei comparire come protagonisti nella storia di Roy.
Con il passare dei giorni, benché la piccola e l’uomo si affezionino, si scopre che quest’ultimo ha un secondo fine: guadagnarsi la fiducia della piccola e indurla a rubare per lui della morfina dalla farmacia dell’ospedale, cosicché egli possa tentare il suicidio. Il movente è la perdita della sua amata ragazza. Ella lo ha tradito preferendogli l’attore per il quale lui faceva da controfigura nelle scene acrobatiche, anteponendo la sua notorietà all’anonimato dello stuntman. Però a causa di un fraintendimento, Alessandria gli porta solamente tre pillole della medicina. La dose è insufficiente perché egli possa darsi la morte e quindi la narrazione può continuare.
Ormai la bambina stessa comincia a collaborare al racconto, divenendone lei stessa un personaggio: mentre Roy è il Bandito, ella ne è la figlia. L’uomo la convince, in seguito, a rubare un flacone di morfina dall’armadietto di un paziente della camera e la sera stessa ne inghiotte l’intero contenuto. Il mattino dopo, però, è ancora vivo. Si rende allora conto che all’altro uomo viene somministrato del semplice zucchero con effetto placebo. La scoperta e il fallito tentativo suicida lo gettano nella disperazione. Credendo così di poter aiutare il suo amico, Alessandria si alza di nascosto di notte per sgattaiolare nella dispensa dei farmaci e rubare altra morfina. Mentre vi si reca, resta sconvolta nello scoprire che la sua infermiera preferita è amante di un medico. Prosegue tuttavia verso la dispensa, ma arrampicandovisi per prendere il barattolo, perde l’equilibrio e cadendo si ferisce alla testa.
Viene operata d’urgenza e al suo risveglio Roy è accanto a lei, su una sedia a rotelle. L’uomo le confessa il suo inganno e la incoraggia a chiedere che un altro finisca la storia, ma lei insiste per sentire la sua versione. Roy cede e comincia a raccontare, seppur con riluttanza. La ragazza del Bandito sta con Odious, e le due figure nella storia divengono le proiezioni del noto attore e dell’infermiera, così come accade similmente per gli altri personaggi. Roy fa morire gli eroi ad uno ad uno e Odious sembra trionfare incontrastato. Alessandria è disperata e cerca di intervenire per cambiare gli eventi del racconto. Ma infine, il Bandito Mascherato e sua figlia sono gli unici rimasti che possano sconfiggere Odious. Roy non combatte più, si lascia andare, cerca di uccidere anche il proprio personaggio, ma l’affezione di Alessandria lo convince a farlo sopravvivere. La storia termina con il Bandito e la figlia che escono vincitori, il governatore è ferito a morte, e la ragazza, che torna dal Bandito con una scusa, è respinta definitivamente, con soddisfazione da parte di Alessandria.
Successivamente, Roy e Alessandria guardano insieme ad altri ospiti dell’ospedale la pellicola cui ha preso parte lo stesso Roy. Egli, però, rimane deluso quando si accorge che il salto in cui ha rischiato la vita è stato tagliato dall’edizione finale ed è stato sostituito da quello di un altro stuntman.
Alla fine, Alessandria torna a raccogliere arance insieme alla famiglia. La sua voce fuori campo rivela che Roy si è ripreso e ha continuato la carriera come controfigura. Il film termina con una sequenza di scene d’azione tratte da diversi celebri film muti: Alessandria mostra di credere che tutti gli stuntmen in azione siano Roy.
COMMENTO :
The Fall (La Caduta), l’ultima produzione del regista Tarsem Singh, è per tanti versi un film davvero bello e di nicchia.
Rappresenta al meglio l’incredibile potenziale del meticciato culturale, quando si riesce cioè a mescolare il potenziale di mille componenti (filosofie, culture, religioni, razze) senza combinare il solito, stracotto frullato grigiastro dal sapore indefinito.
L’operazione è così delicata da lasciare con il fiato sospeso a temere che nel mentre qualcosa possa andare inevitabilmente male. E invece se si riuscirà nel delicato gioco d’equilibrio di mantenere le differenze e fonderle nello stesso tempo insieme, accordando gli strumenti, si potranno finalmente ottenere quelle sinfonie che non possono riuscire a nessun violino solista, per quanto biondo, ariano, con uno stato sociale avanzato e il QI alle stelle. Uno scenario possibile e per fortuna inevitabile, che potrebbe portare a superare in buona parte religioni e colori di pelle.
Tenevo Tarsem Singh d’occhio fin dai suoi video musicali, fra i più memorabili nell’intera produzione mondiale, e già The Cell mi aveva lasciato stordito per l’incredibile assalto estetico proposto, una carica che a mio modo di vedere avrebbe dovuto scuotere e indicare la via a parecchi registi e che invece non destò entusiasmo che in pochi.
Etica ed estetica sono per me assolutamente interdipendenti e, di conseguenza, come recitava appunto una tagline di The Cell, lo Stile è Sostanza.
Ciò, secondo me, non avveniva ancora in modo completo in The Cell a causa di una sceneggiatura sciagurata che non aveva quasi nessun rapporto con la visione di questo Maestro e non coglieva gli intenti di Singh, che si ritrovava a cercare di scappare dal noiosissimo impianto thrilleristico per rifugiarsi nelle sequenze oniriche.
Sono passati sei anni. Tarsem (ora si firma solo così e non penso proprio sia un caso) per The Fall ha fatto tesoro della passata esperienza, ha radunato fondi da India, USA e Regno Unito (ma molto ha speso di suo), ha messo insieme un cast e una troupe tecnica che più cosmopolita non si può e ha passato due anni a girare scene per il mondo, in una ventina e più di nazioni diverse.
DARWIN!
Il risultato è un manifesto dell’immaginazione al potere, un trionfo visuale senza la stampella del computer, un gioco a rimpiattino con le regole della narrativa fiabesca e con le normali strutture narrative del cinema, un omaggio a un’epoca scomparsa costruito come un trampolino per un’era ancora a venire.
Tarsem usa come base per The Fall un film bulgaro dei primi ottanta e lo universalizza ed aggiorna, trasformandolo in un capolavoro di Stile/Sostanza, Realtà/Fantasia, Quotidiano/Fiabesco nel solco faunesco tracciato da Quillermo Del Toro ma con una estetica e uno sforzo immaginativo molto meno borgataro e immensamente più cosmopolita. Sono troppi i giochi metanarrativi, metalinguistici e di tanti altri tipi per riuscire a menzionarveli in queste poche righe, si passa dal banalissimo fraintendimento fra indiani pellerossa e Indiani a stupendi riferimenti all’epica (la morte di Krishna o quella di Bhishma) passando per citazioni da Il Tulipano Nero fino alla trascurata figura di Alfred Russel Wallace o al caso Oto Benga, solo per nominare i più evidenti.
L’assalto sensoriale di The Fall non è nemmeno lontanamente paragonabile al ritmo asistolico di The Cell, qui alla fantasmagoria delle sequenze fiabesche si alterna un piano “reale” comunque assai affascinante e non c’è praticamente respiro per gli occhi, ci si risveglia da un sogno in un altro sogno fino a quando i molteplici piani non si fondono negli ultimi, emozionanti minuti.
Si arriva finalmente all’ars gratia artis che viene però eseguito con tale coscienza, capacità e genio da risultare innegabilmente, fortemente morale, mostrando il dito medio a tutti quelli che scontatamente e facilmente, quando vengono messi di fronte a opere titaniche come queste, indulgono volentieri a parlare di assenza di messaggio, di vuoto spinto di bella confezione e nulla più.
Siamo alla tirannia spietata dell’estetica più pura e tersa. Guardatevi ogni singolo fotogramma del film e ripetetevi mille volte: non sono stati usati computer per generare tutto ciò. E questa è già ETICA, altro che cazzi. E immaginate poi il grande lavoro di scouting per riuscire a trovare tutte le incredibili, incredibili location. E sopra ogni altra cosa (senza nulla togliere a tutti gli altri straordinari professionisti) pensate al magnifico talento di Eiko Ishioka, già Oscar ai costumi per Bram Stoker’s Dracula , qui al suo top assoluto.
Naturalmente, nonostante qualche premio raccolto in giro, il film è stato distribuito in modo pessimo e ha incassato poco. Qui da noi rimane un miraggio, io personalmente sarei disposto a sborsare anche 30 euro pur di vederlo su grande schermo.
Giù il cappello per Tarsem, ci sarà da aspettare ancora qualche anno per il prossimo suo film, non vedo già l’ora.
The Fall: capolavoro.
Curiosità :
I titoli di testa del film sono accompagnati da una sequenza in bianco e nero, con l’allegretto della Sinfonia n. 7 di Beethoven, che ritrae la rovinosa caduta di Roy che dà nome al film.
I protagonisti del film compreso l’arcinemico sono i compagni di lavoro del protagonista sul set del suo ultimo film
E’ un Remake!
Si e’ un remake del film Yo ho ho 1981 di Zako Heskiya
Un commediante e un ragazzo malati si conoscono in ospedale. L’uomo inventa per il ragazzo storie di pirati e incredibilmente egli e il ragazzo traggono da quelle storie la forza di combattere.